A PROPOSITO DELLA NUOVA LEGGE ELETTORALE

A PROPOSITO DELLA NUOVA LEGGE ELETTORALE

A PROPOSITO DELLA NUOVA LEGGE ELETTORALE

Comunicato del Comitato bergamasco per la difesa della Costituzione

La legge elettorale appartiene alla legislazione ordinaria e di conseguenza non ha di per sé valenza costituzionale, ma è pur vero (come le diverse esperienze degli ultimi decenni testimoniano) che ha inevitabili e importantissime ricadute sulla qualità della vita democratica del Paese e sui diritti politici dei cittadini. Proprio per questo la Corte Costituzionale è intervenuta sul cosiddetto porcellum con una sentenza importante, accompagnata dalle necessarie puntualizzazioni. Sarebbe davvero un’occasione mancata se non si tenesse conto di queste significative indicazioni, sicuramente utili per rilanciare la credibilità della democrazia. E sarebbe ancor più pericoloso se, in nome di una presunta esigenza di efficacia politica, o di una discutibile logica di semplificazione istituzionale che tende verso soluzioni carismatiche, la nuova legge elettorale andasse incontro ad una futura precarietà e a dubbi di incostituzionalità, riaprendo un tormentone paralizzante, analogo a quello della precedente legge. Non si dimentichi che anche quest’ultima nacque in tempi brevi proprio in coerenza agli obiettivi di un patto politico di alcuni partiti!

Pertanto, il Comitato richiama l’attenzione sulle motivazioni espresse nella recente sentenza della Corte Costituzionale, che afferma la ricerca di un equa armonizzazione fra i due princìpi della rappresentatività e della governabilità: in base a questo punto di vista il  Comitato è del parere che il cosiddetto italicum sia un compromesso non convincente, che oscilla sul filo dell’incostituzionalità, anche dopo le recenti e parziali modifiche.

Nella sentenza 1/2014, la Corte costituzionale ha parzialmente annullato la legge elettorale porcellum per due motivi: per il premio di maggioranza irragionevolmente distorsivo della rappresentatività delle Camere, perché assegnato senza soglia minima di consensi; per l’assenza
di preferenze in presenza di liste lunghe, circoscrizioni grandi e candidature multiple. 
Venendo alla proposta di legge in itinere, la modifica recente apportata al testo, che concerne l’innalzamento dal 35 al 37% della soglia al di sopra della quale scatta il premio di maggioranza, e al di sotto della quale si procede invece a un secondo turno nazionale limitato ai primi due partiti o alle prime due coalizioni, resta insufficiente. È evidente che questo meccanismo potrebbe aumentare quasi del 50% i seggi della coalizione prima classificata, a scapito delle restanti liste o coalizioni, che avrebbero una corrispondente diminuzione della percentuale di eletti. Si tratta di una distorsione assai rilevante e che si pone in tendenziale contrasto con quanto già evidenziato dalla Consulta nei confronti del porcellum: “In definitiva, detta disciplina non è proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, posto che determini una compressione della funzione rappresentativa dell’assemblea, nonché dell’eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente”. In altre parole, l’individuazione di una soglia minima per la concessione del premio maggioranza è una condizione necessaria, ma non automaticamente sufficiente per garantire un’adeguata rappresentatività della volontà politica dei cittadini elettori.

Occorre anche sottolineare che l’alterazione della rappresentanza parlamentare della sovranità popolare di fatto va a modificare gli equilibri costituzionalmente garantiti per le elezioni di alcune fondamentali istituzioni (Giudici costituzionali, membri del Consiglio superiore della magistratura, Presidenza della Repubblica, ecc.) e persino per la procedura di revisione della stessa Costituzione. Quando si va a toccare un tasto sensibile come la rappresentanza democratica, sarebbe necessario ponderare con molta attenzione e prudenza le implicazioni sull’intero assetto istituzionale.

Non meno importante sarebbe una revisione delle soglie di sbarramento per l’accesso alla ripartizione dei seggi. Qui il dato più negativo è il permanere dello sbarramento all’8% per le liste non coalizzate, dunque a livelli degni della Russia di Putin o della Turchia di Erdogan, non certo delle democrazie più avanzate. La clausola inferiore di sbarramento per le liste coalizzate invece (come si è in passato verificato) può incentivare la formazione di coalizioni eterogenee o di liste civetta per superare la soglia di accesso al premio di maggioranza. Non bisognerebbe neppure sottovalutare il fatto che premio di maggioranza e soglie di sbarramento costituiscono entrambi meccanismi di “correzione” del sistema proporzionale e che, utilizzati congiuntamente, sommano i propri effetti (come ricordato anche dalla Corte costituzionale), con effetto gravemente distorsivo della essenziale rappresentatività del sistema.

Altri dati preoccupanti sono la reintroduzione della possibilità delle candidature multiple, cioè in più di un collegio (e la Corte costituzionale aveva additato questo elemento come concausa della difficoltà per gli elettori di controllare le candidature) e la scelta di  liste bloccate: la bozza di legge elettorale continua pertanto a esibire lo stesso deficit di democraticità che ha caratterizzato il sistema che l’aveva preceduta e che la Corte costituzionale ha ritenuto di dover correggere. Non si mette in dubbio che proporre una classe dirigente sia compito primario dei partiti, ma l’elezione dei parlamentari è diritto-dovere dei cittadini, sicché la mancanza di un voto di preferenza, in assenza peraltro – e il punto è decisivo – di partiti a struttura interna democratica, mantiene in capo ai leader un potere di cooptazione deleteria.

Osserviamo infine come sia pericoloso affidare l’obiettivo del bipolarismo a meccanismi artificiali di tipo elettorale laddove ne manchino le condizioni politiche. Quando le coalizioni che si contendono il governo del Paese sono due, è naturale che esse si avvicinino a una soglia di consenso elettorale prossima alla maggioranza parlamentare. In questo caso, il premio di maggioranza, che produce sempre una qualche distorsione, opera come correttivo accettabile a pro della governabilità. Ma quando l’elettorato si divide in almeno tre blocchi di medie dimensioni, pretendere che uno di questi governi da solo significa sottoporre la democrazia a una semplificazione tutt’altro che innocua.

Ci auguriamo che il Parlamento sia in grado di proseguire il suo lavoro con la necessaria serenità e con gli opportuni tempi di riflessione e di discussione, rivendicando il proprio ruolo di responsabilità legislativa: occorre che non si limiti a ratificare semplicemente il testo in discussione, ma che questo venga sottoposto alle necessarie e profonde correzioni.

Per il Comitato bergamasco per la difesa della Costituzione[1]

 

Rocco Artifoni

Barbara Pezzini

Filippo Pizzolato

Gian Gabriele Vertova



[1] Al Comitato bergamasco per la difesa della Costituzione aderiscono ACLI, ANPI, ARCI, Associazione di Mutuo Soccorso, AUSER, CGIL, CISL, Coordinamento provinciale di Libera, Fondazione Gritti Minetti, Fondazione Serughetti- Centro Studi La Porta, Giuristi Democratici, Istituto bergamasco per la storia della resistenza e dell’età contemporanea, Libertà e Giustizia, Proteofaresapere, UIL, nonché docenti universitari, insegnanti, studenti e cittadini che intendono promuovere una cultura della Costituzione nel nostro territorio, mostrandone la genesi storica, i valori ispiratori e le scelte di fondo.

Il recapito è presso la sede della Fondazione Serughetti – Centro Studi e Documentazione La Porta, via Papa Giovanni 30, 24121 Bergamo – tel. 035.237129.

www.salviamolacostituzione.bg.it